La diversità biologica raccoglie interessi eterogenei che sono rilevanti per gli ordinamenti giuridici perché questi, con la forza ordinante che è loro propria, selezionano la disciplina utile allaconservazione e alla valorizzazione della vita. Lo studio si occupa di analizzare il fenomeno, con attenzione anzitutto per la conservazione della biodiversità nella sua rilevanza giuridica, per concentrarsi su quella componente specifica costituita dalle risorse genetiche vegetali in agricoltura, il cui depauperamento ha importanti effetti in termini di perdita di habitat naturali, di benefici economici diretti e indiretti, nonché dei saperi dell’uomo in esse tradotti. La biodiversità è stata perlopiù ricondotta alla disciplina dei diritti di proprietà intellettuale, con conseguente conformazione del mercato delle commodities agricole in capo a grandi imprese agrobiotecnologiche. Se la circolazione delle sementi coltivate fosse, al contrario, almeno in parte disancorata dalla logica proprietaria che la governa, gli agricoltori potrebbero contribuire con i loro saperi a rafforzare la variabilità genetica stessa e a migliorare, di conseguenza, la disponibilità alimentare. Il lavoro cerca di dare rilievo all’uso sostenibile della diversità genetica, vista come tutela costituzionale della persona umana (art. 2, Cost.; art. 2, Cedu) alla quale va assicurato un accesso partecipato, equo e condiviso alle risorse e ai benefici che ne derivano, a partire da un reddito dignitoso agli agricoltori, assecondando buone pratiche di utilizzo e di scambio delle risorse, salvaguardando le conoscenze tradizionali e promuovendo la ricerca scientifica e tecnica (art. 9, Cost.) con diffusione dei suoi liberi risultati a tutti (art. 2 e 33, Cost.).