Fallito il tentativo di procedere ad una profonda riforma costituzionale che avrebbe interessato anche il versante delle autonomie in virtù del riget-to in sede referendaria della c.d. proposta “Renzi-Boschi” (4 dicembre 2016), il regionalismo italiano ha continuato a svilupparsi secondo una linea ambigua oscillante tra legislazione e amministrazione. Tale ambiguità non è sciolta neppure dall’avvenuta approvazione parlamentare della legge n. 86/2024, recante «Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’art. 116, terzo comma, della Costituzione». Già nel licenziare la quinta edizione del manuale avevamo dato conto dell’iniziativa assunta da alcune Regioni (Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna) volta a conseguire quell’intesa con lo Stato prodromica al riconoscimento di quelle «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia» di cui parla la citata norma costituzionale. Al tempo stesso avevamo rilevato i numerosi problemi interpretativi che essa lasciava aperti e che avrebbero richiesto un opportuno intervento chiarificatore e integrativo da parte del legislatore. È appunto questo l’obiettivo della legge n. 86 che tuttavia presenta a sua volta rilevanti aspetti problematici che non hanno mancato di alimentare un acceso dibattito sia in sede politica che in sede scientifica.