Il carcere rappresenta una realtà che l'urbanistica moderna colloca, in genere, nelle periferie estreme delle città. Potremmo dire che questa collocazione urbanistica risponde anche alla collocazione del carcere negli interessi della società civile: è generalmente tenuto lontano dalle priorità sociali, conosciuto attraverso stereotipi e immagini trasmesse dai mass-media, diventa centrale solo a fronte di emergenze della cronaca in termini, di solito, sanzionatori. Quando il carcere riguarda la donna, poi, questa situazione diventa ancora più evidente. I numeri delle donne detenute sono residuali rispetto alla popolazione detenuta maschile (circa il 4-5%) ma la condizione detentiva femminile comporta delle specificità legate non solo alle caratteristiche dell'essere donna, ma anche rispetto alle ricadute del carcere sul ruolo della donna come moglie-compagna e come madre. L'opera affronta queste tematiche con un originale approccio interdisciplinare e interprofessionale: giuristi, sociologi, psicologi con ruoli di magistrati, direttori e operatori penitenziari e studiosi si confrontano e si interrogano sulla relazione tra la donna e il mondo del carcere. L'obiettivo è raggiungere un pubblico ampio sia di magistrati, operatori e di studenti di diversi corsi di laurea, nonché di persone che siano interessate ad entrare in contatto con un mondo particolare di umanità e sofferenza, all'interno del già complesso mondo del carcere.