Sul finire del 2017, il Parlamento italiano ha approvato la legge 20 novembre 2017, n. 168 (Norme in materia di domini collettivi) che ha riconosciuto i domini collettivi all’interno della Costituzione dandone una disciplina più moderna ed efficiente rispetto al passato, privatizzando i soggetti esponenziali delle collettività proprietarie, riducendo i poteri delle regioni e riscoprendo il ruolo dell’Amministrazione centrale dello Stato. Soprattutto questa circostanza, nonché le prime importanti decisioni della Corte costituzionale e della Corte di Cassazione in ordine a tale riforma, hanno consigliato una nuova edizione del testo che tenesse conto della nuove legge e delle sue ricadute sull’intera materia. Tuttavia la ragione di questa terza edizione risiede anche e soprattutto nell’interesse che nell’ultimo decennio gli assetti fondiari collettivi hanno riscosso nella cultura italiana, non solo quella giuridica od economica, ma anche quella storica, quella naturalistica, quella sociologica, dimostrando in tal modo la natura interdisciplinare della materia. Senza dimenticare che ai primi di febbraio del 2022 il Parlamento ha approvato a larga maggioranza alcune modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione (legge cost. 11 febbraio 2022, n. 1), con riferimento sia alla tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, sia all’interesse delle future generazioni: tutti argomenti ben presenti nel dibattito attuale sulla proprietà collettiva. L’impianto del volume è sostanzialmente simile a quello delle precedenti edizioni, e se ne differenzia soprattutto nella parte finale, con una sezione dedicata interamente alla legge 168 del 2017 ed un ultimo capitolo dedicato alle esperienze europee in tema di assetti fondiari collettivi, che esplora in modo necessariamente sintetico una realtà assai poco studiata ma dalle importanti potenzialità, e che dimostra come gli usi civici non siano affatto un retaggio inutile del passato, bensì una prospettiva per il futuro ricca di suggestioni assolutamente moderne. Come ovvio, è continuato l’aggiornamento della legislazione regionale e statale e sono stati aggiunti i riferimenti ai lavori scientifici pubblicati in questi ultimi anni, lavori numerosi e quasi sempre qualificati, che però spesso vengono pubblicati su riviste o presso editori a diffusione limitata. Nell’attualizzare la materia si è utilizzato anche il dibattito sui beni comuni che, sebbene non comparabili agli usi civici (i primi non sono necessariamente beni materiali ed appartengono a comunità non sempre ben definite, mentre i secondi sono beni materiali, in particolare la terra ed i suoi frutti come l’acqua e il bosco, ed appartengono a comunità ben definite, quasi sempre dalla lunga storia e dalla precisa identità territoriale), dimostra comunque l’attenzione al collettivo ed al sociale come possibile alternativa — lo notavo già nel 2013, proprio nella seconda edizione di questo volume — da un lato allo statalismo, dall’altro all’egoismo liberista che caratterizza il mercato.