La disciplina dei finanziamenti infragruppo, introdotta con la riforma del diritto societario del 2003 all’art. 2497-quinquies c.c., si è innovata nel corso del tempo in seguito ad interventi normativi che hanno interessato la legge fallimentare e, da ultimo, con l’introduzione del Codice della crisi e della composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, configurando un sistema che oscilla tra la postergazione e la prededuzione dei finanziamenti, e che induce a interrogarsi sul fondamento della disciplina e sugli interessi sottesi alla stessa. Il lavoro propone una ricostruzione della disciplina dei finanziamenti infragruppo con l’obiettivo di individuare un criterio di valutazione della fattispecie che consenta di discriminare tra finanziamenti “anomali”, che perseguono finalità di risk-shifting in pregiudizio dei creditori esterni, e finanziamenti diretti a promuovere il risanamento della società in crisi e a permettere una migliore soddisfazione dei creditori, che rispondono ad un principio di corretto finanziamento dell’impresa di gruppo. In una prospettiva di uso interpretativo del diritto comparato, lo studio si avvale anche dell’analisi dell’esperienza statunitense in materia di equitable subordination, idonea a far emergere un approccio diverso al problema dei finanziamenti infragruppo, non meramente incentrato sulla situazione di squilibrio patrimoniale e finanziario della società finanziata, ma sull’accertamento di una finalità abusiva del soggetto finanziatore. Lo studio considera, altresì, le implicazioni transnazionali della disciplina italiana dei finanziamenti infragruppo in relazione al caso in cui la fattispecie presenti collegamenti con una pluralità di ordinamenti statali. Il fenomeno del finanziamento infragruppo può trascendere, infatti, il diritto nazionale e sollevare questioni che, interessando più ordinamenti giuridici, possono originare conflitti di legge e di giurisdizione. Il lavoro analizza, quindi, l’applicazione nello spazio della disciplina italiana, con particolare riguardo all’ipotesi di insolvenza transfrontaliera, prendendo in esame l’ordinamento italiano, dell’Unione europea e statunitense, al fine di esplorare come opera in fattispecie transfrontaliere il bilanciamento degli interessi dei creditori interni ed esterni al gruppo.