Le alterne vicende della responsabilità del medico e della struttura ospedaliera hanno impegnato gli interpreti sin da prima delle note pronunce del 1999 e pure dopo la riforma del 2017. Prima considerata extracontrattuale, poi contrattuale e oggi, nuovamente, aquiliana, fatta eccezione per l’inadempimento del nosocomio o di quello del professionista che ha stipulato un contratto con il paziente. Come onde sinusoidali di Kondratieff, la giurisprudenza e poi la disciplina di settore hanno contribuito a ridisegnare il rapporto medico-struttura-paziente entro lunghi cicli, a intervalli alternati, tra crescita e stagnazione, passando da un assetto privilegiato a una rigida reazione ordinamentale, per poi tornare indietro, spezzare la relazione entro cui era stato sistematizzato il rapporto di cura e dividere i binari di responsabilità. La qualificazione giuridica della responsabilità in ambito sanitario costituisce un terreno di contesa tra istanze di effettiva protezione del diritto costituzionale alla salute ed esigenze di contenimento di fenomeni, quali la medicina difensiva e l’impatto macroeconomico dei costi derivanti dal notevole numero di procedimenti per l’accertamento della medical malpractice.