L’interpretazione giuridica non è una mera presa d’atto, una duplicazione, un rispecchiamento di una realtà giuridica che le preesiste e che è da essa indipendente; l’interpretazione è, piuttosto, un elemento interno al diritto, alla cui formazione e trasformazione in qualche misura essa inevitabilmente concorre.
Il diritto (il diritto positivo, l’ordinamento giuridico…) è prodotto congiuntamente dalla legislazione (ampiamente intesa) e dall’interpretazione (anch’essa ampiamente intesa); è una somma di – o meglio: una combinazione di, una continua interazione tra – fonti e norme, testi autoritativi e loro significati.
L’interpretazione giuridica richiede dunque che l’interprete compia molteplici scelte, valutazioni, prese di posizione, spesso non chiaramente esplicitate; scelte che possono talvolta, o anche spesso, apparire semplicemente come questioni “tecniche”, da trattare con gli strumenti propri di un sapere specialistico, perfino ereditati da una tradizione plurimillenaria, ma che sono in larga parte, in ultima analisi, di natura etico-politica.
Partendo da questi presupposti, questo libro intende portare alla luce sia il multiforme contributo apportato dall’interpretazione, e dagli interpreti, alla costruzione, alla conformazione, e alla trasformazione dell’ordinamento giuridico; sia la responsabilità in senso ampio politica che sugli interpreti ricade – e di cui talvolta non sembrano essere consapevoli nemmeno essi stessi – come conseguenza delle scelte che necessariamente essi devono prendere nello svolgimento della loro attività.