Questa nuova edizione è stata resa necessaria dalla riforma Cartabia. Questa riforma ha subito giudizi contrastanti posto che alcuni hanno rilevato che finalmente il legislatore si è preoccupato in modo significativo di attuare la speditezza del processo dando applicazione all’ art. 111 comma 2° Cost., per cui la legge deve assicurare la ragionevole durata del processo. Secondo altri, invece, tale riforma è suscettibile di molte critiche e addirittura in alcune delle sue norme più significative suscita dubbi di legittimità costituzionale. Il codice vigente che, prevedendo il contradditorio nel momento di formazione della prova ha determinato con la cross examination una durata maggiore della fase dibattimentale, ha cercato di realizzare la speditezza processuale con i riti alternativi del dibattimento e l’udienza preliminare, che avrebbero dovuto evitare molti dibattimenti e consentire, in tal modo, ai processi il cui iter comprendeva il giudizio di appello e il giudizio di cassazione una durata ragionevole. Così non è stato anche se i riti alternativi, in particolare il patteggiamento, hanno avuto una notevole attuazione. Il che, peraltro, ha provocato una vanificazione del principio di legalità nella applicazione della pena. Infatti, la giurisprudenza, partendo dalla premessa che il patteggiamento non comporta accertamento di responsabilità (il che contrasta con la presunzione di innocenza) ha consentito che venissero applicate pene contrastanti con i parametri dell’art. 133 c.p. e che venissero concesse attenuanti non esistenti. Ciò in violazione dell’art. 444 comma 2°, il quale stabilisce che il giudice applica la pena patteggiata se la stessa risulta congrua (cioè conforme ai parametri dell’art. 133 c. p.) e sia corretta l’applicazione delle circostanze attenuanti. Inoltre, tale prassi contrasta con il principio su cui si fonda, secondo la Corte di cassazione e la Corte costituzionale il processo penale. Infatti, la Corte di cassazione e la Corte costituzionale, usando la stessa locuzione, asseriscono che fine primario e ineludibile del processo penale è la ricerca della verità storica. Orbene, questa verità storica riguarda i fatti oggetto di prova, che secondo l’art. 187 c.p.p. comprendono anche quelli relativi alla determinazione della pena e, quindi, quelli da cui risulta la corretta applicazione dell’art. 133 c.p. e l’esistenza delle circostanze attenuanti. Questa riforma la cui preoccupazione principale è la speditezza del processo, sempreché di tale finalità sia consentita la realizzazione fornendo strutture e personale adeguato, dovrebbe evitare la suddetta anomala applicazione del patteggiamento. La riforma in parola presenta luci ed ombre. Indubbiamente apprezzabile è la digitalizzazione del processo penale, posto che si è introdotto il concetto di atto processuale penale scritto in formato informatico nonché una maggiore rapidità di notificazione degli atti processuali, dal momento che le notificazioni debbono essere eseguite con modalità telematiche. Peraltro, alcune norme della riforma Cartabia contrastano con la finalità della speditezza processuale. Ci riferiamo all’introduzione dell’udienza di comparizione predibattimentale per il procedimento con citazione diretta (ampliato a numerose altre ipotesi di reato), che comporta un appesantimento organizzativo imponendo la creazione di una nuova udienza predibattimentale, prima non prevista, davanti a un giudice diverso da quello davanti al quale si celebrerà l’eventuale giudizio dibattimentale. Certamente, poi, non agevola la ragionevole durata del processo la possibilità di ricorrere per cassazione prevista dal comma 5° dell’art. 344 bis c.p.p. contro l’ordinanza che proroga i termini entro cui il giudice di appello o la Corte di cassazione debbono decidere. Va poi rilevato che, sia nel giudizio di appello che in quello di cassazione è stato privilegiato il rito camerale non partecipato, il che favorisce indubbiamente una maggiore celerità del processo ma si vanifica l’oralità della discussione considerata una inutile replica di quanto scritto nei motivi di impugnazione, il che, a mio avviso, è criticabile.