L’opera propone uno studio analitico del FMI tenendo in considerazione due elementi: l’evoluzione dell’assetto delle relazioni economiche internazionali dal 1944 ad oggi e l’affermarsi, accanto ai tradizionali soggetti dell’ordinamento internazionale, di nuovi attori, anche privati e privi di personalità giuridica internazionale, cui può essere ciò nondimeno riconosciuto, sul piano delle dinamiche sostanziali, un potere di direzione delle politiche economiche nazionali. Seguendo questa duplice chiave di lettura, i primi tre capitoli sono dedicati a un’analisi dei profili istituzionali del FMI e delle sue due principali attività, la vigilanza sulle politiche economiche e valutarie dei Membri e l’assistenza finanziaria in caso di crisi di bilancia dei pagamenti; i successivi tre capitoli ricostruiscono, rispettivamente, gli interventi a favore dei Paesi in via di sviluppo, in occasione di crisi finanziarie internazionali e del debito sovrano. Anche come esito dell’interazione con altri meccanismi di concertazione (quali la Banca mondiale e l’OMC, consessi non istituzionalizzati come il G8-G20 o che investono autorità amministrative nazionali, quale il Financial Stability Board), si rileva la trasformazione del FMI in una istituzione finanziaria (e non più monetaria) internazionale e l’accento nelle sue attività sulle cause di crisi “sistemiche”, che investono il sistema economico internazionale nel suo complesso e non più solo singoli Stati. Questi mutamenti sono stati diretti da decisioni del Fondo, il cui fondamento è ricostruito tramite una interpretazione sistemica o estensiva di alcune norme del suo Statuto, o in applicazione della teoria dei poteri impliciti. Questi elementi concorrono a testimoniare l’apertura dell’organizzazione alla volontà degli Stati che occupano una posizione di preminenza sul piano delle relazioni monetarie e finanziarie internazionali.