Il rischio politico negli Stati Uniti per cui già si parla di crepuscolo della democrazia, il rischio economico in Cina cui si cerca di far fronte con una progressiva svolta autoritaria e il rischio Europa dove prevale l’incertezza politica ed economica. RISCHIO 2022, questo l’eloquente titolo del numero 95 di Aspenia, rivista diretta da Marta Dassù, che contiene articoli di Walter Russell Mead, Paolo Gentiloni, Eric Schnurer, Giampiero Massolo, Mario Sechi, Gianni Riotta, Massimo Gaggi, Daniel Rosen, Alessia Amighini, Carlo Jean, Silvia Merler, Giampiero Massolo e Paolo Valentino, fra gli altri. Due debolezze parallele - un’America alla prova di se stessa e una Cina alla prova del proprio sviluppo - alimentano la pace fredda tra i due giganti e complicano un possibile Rischio 2022. Con l’Europa, dal canto suo, che non ha ancora deciso se scegliere la neutralità - ovvero diventare una sorta di “grande Svizzera” - o entrare decisamente in un nuovo atlantismo a garanzia delle propria stabilità. Il sistema politico americano manca di un centro di gravità. La polarizzazione interna, in forte crescita da tempo, sta assumendo caratteristiche patologiche per la salute della democrazia negli USA. Il rischio è il “crepuscolo” della democrazia americana, paradossalmente prodotta dalla “iperdemocrazia” collegata ai cambiamenti tecnologici e ai social media. Problemi di natura diversa affliggono la Cina – ossia l’altro protagonista di quello strano rapporto “simbiotico” che l’economia globale ha conosciuto dagli anni Novanta. La svolta autoritaria e accentratrice di Xi Jinping ha apparentemente congelato gli assetti politici interni alla Repubblica popolare, preparando il terreno alla successione del 2022: Xi, incoronato nuovo padre della patria dal Plenum del PCC dell’ottobre scorso, si avvia verso un terzo mandato. Per consolidare la propria legittimità, Xi punterà sul nazionalismo assertivo, sostenuto da un grado di rafforzamento militare e nucleare che preoccupa seriamente sia gli Stati Uniti che i loro alleati asiatici. E, simultaneamente, l’ascesa di giganti digitali che potrebbero minacciare l’autorità indiscussa del Partito, il peso ancora eccessivo dell’export, la bolla immobiliare, il collo di bottiglia energetico, l’esigenza di costruire una qualche struttura di welfare di fronte a disuguaglianze crescenti che vengono affrontate non con riforme economiche ma aumentando le interferenze politiche su imprese e mercati. E il “rischio” economico in Cina è anche un rischio sistemico per la ripresa globale. In Europa, la discussione sulla cosiddetta “autonomia strategica” è di fatto un tentativo di ridurre le vulnerabilità esterne dell’UE, rafforzandone l’autonomia - quindi la sovranità - nei settori decisivi per la protezione degli interessi dei cittadini - dalla salute all’ambiente, dalle frontiere alla privacy - e delle imprese - con la ricerca di un difficile equilibrio tra concorrenza nel mercato unico e competitività sui mercati globali. L’Europa dovrà utilizzare al meglio le risorse di cui si è dotata; scegliere una collocazione geopolitica chiara nel sistema euro-atlantico e superare le divisioni persistenti fra governi nazionali. Uno stato di incertezza prolungato non aiuterà; finirà per diventare un rischio. Che gli europei, nel mondo diviso di oggi, non possono permettersi di correre.