È l’autunno del 1998 quando Sergey Brin – nato a Mosca, trasferitosi ancora bambino negli Stati Uniti insieme alla famiglia di origini ebraiche, laureatosi poi a soli diciannove anni con menzioni d’onore in matematica e in informatica all’Università del Maryland – e Larry Page – ingegnere informatico originario del Midwest – abbandonano la scuola di specializzazione postlaurea della Stanford University, con l’idea di «cambiare il mondo» attraverso un potente motore di ricerca, che avrebbe organizzato gratuitamente ogni bit di informazione sul web. Sono passati vent’anni e Google, la loro creatura, è oggi uno dei brand più affermati nel mondo. Google Story ripercorre in modo straordinariamente dettagliato e documentato il vertiginoso viaggio di quell’idea, dalle difficoltà iniziali a trovare finanziatori fino alla trasformazione in una società che oggi macina profitti nell’ordine dei miliardi di dollari. Basato su ricerche scrupolose e su un accesso impareggiabile a fonti interne, il racconto rivela – con un ritmo narrativo avvincente – come uno stile manageriale poco ortodosso e una cultura improntata all’innovazione abbiano permesso a un colosso della ricerca online di arrivare a scuotere il settore pubblicitario, scontrarsi con i governi di mezzo mondo che lo accusano di monopolio, far circolare sulle strade vetture a guida autonoma destinate (forse) a cambiare per sempre il nostro modo di spostarci e lanciare mongolfiere ad alta quota per portare la connessione Internet nei più remoti angoli del pianeta. Senza paura di suscitare controversie, Google sta portando avanti progetti pionieristici sull’intelligenza artificiale, che potrebbero contribuire a curare malattie ma anche far perdere il lavoro a milioni di persone, mettendo così alla prova il motto che fin dal principio guida i fondatori: Don’t be evil, «Non essere malvagio».