Perché un manuale sul Servizio di pronto intervento sociale (SPIS)? A cosa serve? Perché ora? Nell’esperienza di tutti il “pronto soccorso” è quello sanitario. C’è anche il “pronto intervento” delle forze dell’ordine per situazioni di emergenza di ordine pubblico, furti, delitti, aggressioni. Ma ci sono anche le “emergenze sociali”: quelle per cui donne vittime di violenza devono trovare una pronta protezione; persone anziane non autosufficienti o gravemente disabili rimangono sole perché il caregiver improvvisamente non è più disponibile; persone o nuclei familiari si trovano di punto in bianco senza la disponibilità della propria casa; o ancora il ragazzo che scappa di casa o il minore straniero non accampagnato che deve essere immediatamente messo in pronta accoglienza, e tante altre. Queste emergenze non possono essere ben gestite in modo improvvisato, senza preparazione e organizzazione “specifica e dedicata”. Per questo serve anche un “pronto soccorso sociale”, appunto il SPIS. Il manuale spiega in dettaglio che si può fare, anzi si deve fare, e come si può realizzarlo. Il SPIS è il servizio, livello essenziale, “specifico e dedicato”, che consente agli Ambiti in particolare di dimostrare concretamente ai cittadini la propria volontà di essere loro vicini, in maniera fattiva, civile, pronta ed efficace, h24, 365 giorni all’anno, proprio nei momenti più difficili. Dopo un quarto di secolo dalla legge 328/2000, con il nuovo Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali e con i finanziamenti collegati, è giunto il momento di non rinviare più la realizzazione di questo livello essenziale, in nome di politiche di welfare locali realmente prossime ai bisogni più gravi dei cittadini.