DIDATTICA, LAW CLINIC, GIUSTIZIA SOCIALE E TERRITORIO

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I CONTRATTI DI

I CONTRATTI DI "SERVIZI"

IL SINDACATO DELLA CASSAZIONE SULLE PRESUNZIONI SEMPLICI

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TipologiaLibri

Autore: Eremita Anna Rosa

EditoreCACUCCI

Pagine139

Data pubblicazione9 nov 2022

Reparto: Diritto , LIBRI

SKU/ISBN:  9791259651532

Le presunzioni, istituto di origini antiche e oggetto di una sterminata letteratura, sono definite dall’art. 2727 c.c. quali conseguenze che la legge (presunzioni legali, art. 2728 c.c.) o il giudice (presunzioni semplici, art. 2729 c.c.) «trae da un fatto noto per risalire ad un fatto ignorato», formulazione di «soverchia larghezza» che, ereditata dal codice del 1865 e prima ancora dal codice napoleonico, improvvidamente ricomprende sotto un unico cappello fattispecie affatto diverse.
L’istituto delle presunzioni semplici, che la legge affida al «prudente apprezzamento del giudice, il quale non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti», secondo massime d’esperienza fondate sul principio dell’id quod plerumque accidit, va indubitabilmente maneggiato con cura, essendo dotato di un’efficacia probatoria non inferiore a quella delle c.d. prove storico-rappresentative, ed ha acquistato negli ultimi anni un ruolo di primissimo piano, sì da determinare una copiosa giurisprudenza in­torno ai limiti del giudice di merito e di quello di legittimità, rispettivamente nell’am­mettere e nel sindacare la prova per presunzione.
L’opera si articola in un’iniziale caratterizzazione dei requisiti indicati dalla legge per la formazione della prova presuntiva, per soffermarsi successivamente, in partico­lare, sui vizi che possono affliggere il ragionamento presuntivo e sui modi in cui essi possono essere denunciati in sede di legittimità, in un’ottica di comparazione tra il periodo anteriore alla riforma dell’art. 360, n. 5, c.p.c. (quando la Cassazione era solita affermare che l’unico sindacato in proposito ad essa riservato riguardava la congruenza logico-giuridica della relativa motivazione) e il periodo successivo, che vede ridotto al “minimo costituzionale”, secondo la giurisprudenza della Corte, il suo controllo sulla motivazione in fatto.
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