L’intervento pubblico nello spettacolo e in particolare quello che si effettua attraverso misure di promozione, di incentivazione e di ausilio finanziario, costituisce uno di quei temi sui quali il dibattito è stato da sempre ricco e vivace, espressione di una pluralità e diversità di opinioni e di sensibilità. Un dibattito alimentato dalle ricorrenti crisi economico-finanziarie che hanno colpito il Paese, con conseguente trionfo delle ragioni dell’economia sui diritti, i quali hanno tutti, chi più chi meno, un costo. Il che ha indotto a valutare i servizi pubblici più che per le loro intrinseche qualità e conseguenti finalità, per i loro costi, cui ha fatto seguito una severa politica di tagli, con conseguente riduzione, rispetto al passato, della sfera pubblica. Tagli che hanno interessato anche la cultura e dunque le attività di spettacolo, che della cultura costituiscono una delle espressioni e che hanno confermato, sotto alcuni profili, quel ruolo di cenerentola che le politiche pubbliche tradizionalmente le hanno riservato. Le politiche di spending review, avviate già negli anni Novanta del secolo scorso, volte ad un controllo qualitativo e quantitativo della spesa pubblica, hanno interessato anche gli assetti organizzativi al centro e in periferia e di conseguenza i profili funzionali del settore dei beni e delle attività culturali, compreso lo spettacolo.