La fusione è il risultato dell’aggregazione di almeno due comuni contermini, con l’istituzione di un nuovo ente locale territoriale a seguito di legge regionale e rappresenta la forma più efficace di semplificazione e di ottimizzazione dell’agire dei comuni, soprattutto di quelli di piccola dimensione.
La legge Delrio, n. 56/2014, all’art. 1, comma 130, ha previsto che la fusione possa aversi anche attraverso «procedimento d’incorporazione» in un comune contiguo, nel quale caso non si ha l’istituzione di un nuovo comune, atteso che «il comune incorporante conserva la propria personalità, succede in tutti i rapporti giuridici al comune incorporato e gli organi di quest’ultimo decadono alla data di entrata in vigore della legge regionale di incorporazione».
La fusione di comuni continua ad essere da un lato un istituto in continua evoluzione anche dal punto di vista giuridico e dall’altro una categoria costantemente oggetto di discussione, tra chi è contrario, accampando soprattutto questioni legate alla presunta perdita d’identità dei territori oggetto di fusione e chi si dimostra ad essa favorevole, soprattutto, ma non solo, sostenendo, con una visione di stampo aziendale che la frammentazione del governo locale sconti spese assai elevate, con un’incidenza abbastanza sostenuta dei costi fissi di funzionamento delle strutture dell’ente locale territoriale rispetto al complesso totale delle risorse finanziarie disponibili.
Pur ritenendo il nostro lavoro non del tutto esaustivo, si è voluto argomentare sull’istituto della fusione di comuni, prendendo spunto dall’esame di un caso concreto, vale a dire quello dei dodici enti locali territoriali associati nell’unione di comuni della Grecía Salentina, per analizzarne, partendo dai tagli dei trasferimenti erariali, i costi di funzionamento e passare ad esaminare i riflessi sul piano finanziario dell’eventuale aggregazione dei suddetti comuni in un unico ente locale territoriale di oltre cinquantamila abitanti.
Si è indagata anche la questione dei contributi straordinari per la fusione di comuni, sia di parte statale e sia di parte regionale che sicuramente debbono essere oggetto di valutazione nell’esprimere un giudizio di merito sulla convenienza o meno dello strumento aggregativo comunale, al netto delle valutazioni anche d’ordine politico che i policy makers non possono esimersi di considerare e si è analizzata anche la riduzione della rappresentanza istituzionale nei comuni oggetto di fusione, in uno con la conseguente diminuzione dei costi della politica.