Glifosato, organismi geneticamente modificati (Ogm), batterio Xylella, M.u.o.s., (ma anche Ilva di Taranto, Thyssen Krupp, responsabilità per morte conseguente all’esposizione all’amianto) sono solo alcuni dei numerosi casi che hanno conquistato le prime pagine dei quotidiani e nella risoluzione dei quali il principio di precauzione ha giocato un ruolo centrale. Nel volume “Il principio di precauzione fra ordinamento europeo e ordinamento italiano” di Raffaele Titomanlio, si intende svolgere una preliminare riflessione sul principio di precauzione al fine di metterne in luce alcune peculiarità, ma anche la complessità e dunque le molteplici implicazioni che l’applicazione di tale principio comporta. E così, dopo aver ripercorso l’iter storico di apparizione di tale principio nel panorama del diritto internazionale dell’ambiente (prima) e del diritto dell’Unione europea (in seguito), si cercherà di mettere in luce le questioni che l’applicazione di tale principio ha posto all’interno dell’Unione europea e il recepimento dello stesso nell’ordinamento italiano. A questo proposito è facile evidenziare, sin da ora, che l’art. 1 della legge n. 241 del 1990 (come modificato dalla legge n. 15 del 2005) pone fra i “Principi generali dell’attività amministrativa” (insieme a quelli di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza) anche “i principi dell’ordinamento comunitario” fra cui (secondo l’insegnamento della giurisprudenza europea) va ricompreso anche quello di precauzione il quale impone “alle autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali interessi sugli interessi economici”.