Alla base della concezione del sistema processuale dell’Assembla Costituente vi era l’idea che la pena si traducesse principalmente in una limitazione della libertà personale. L’assunto era talmente ovvio da non meritare menzione nel testo della Costituzione, la quale, contrariamente ad altri testi normativi coevi, nulla stabiliva al riguardo: storicamente la condanna penale, ossia il risultato di un giudizio di colpevolezza formulato al termine di un processo giurisdizionale, ha sempre rappresentato un titolo che non aveva bisogno di giustificazioni particolari per la privazione della liberà personale. Se, per quali ragioni, e a quali condizioni, una persona la cui colpevolezza sia solo ipotizzata possa subire una limitazione della libertà è questione decisamente più controversa. Il lavoro vorrebbe fornire delle risposte a questi interrogativi, focalizzando l’attenzione sul più noto provvedimento provvisorio che può essere adottato per far fronte ai «casi eccezionali di necessità e urgenza», l’arresto in flagranza, al quale il legislatore ha attribuito, nel caso di convalida, anche la funzione di presupposto per l’instaurazione del giudizio direttissimo.