l fenomeno del temporary shop, nato in Inghilterra agli albori del nuovo millennio, si è diffuso in Italia a partire dal 2005 per poi intensificarsi negli ultimi anni soprattutto a Milano, dove si è consolidato fino a diventare un'innovativa nicchia di mercato.
Il fatturato dei temporary shop ha ormai superato 80 milioni di euro nell'ultimo anno e a innervarlo non è soltanto l'offerta dei locali ma anche l'indotto: dal catering agli arredi, dalla comunicazione all'organizzazione di eventi. Un mix di servizi, correlati alla location, che richiedono un approccio sempre più professionale nella gestione e nello sviluppo degli spazi temporanei.
Temporary retailer potrebbe essere il nome di una nuova professione, che permetta di coordinare processi organizzativi complessi, in grado di fornire alle aziende, clienti dei temporary stores, risultati apprezzabili in termini di comunicazione e di vendita.
Potremmo dire che "temporary store" è un ossimoro, perché in realtà è uno spazio permanente a disposizione di chi vuole recitare nella scena dello shopping. È anche un'occasione per le strade dove si inseriscono, che acquisiscono un elemento di attrattività e di cambiamento di scena. Ma il temporary shop è, soprattutto, l'ultima frontiera del retail: una formula innovativa, che ha le sue regole, un contratto ad hoc e un'Associazione - Assotemporary - che da dieci anni la studia, la promuove e lavora per la sua definitiva legittimazione.